Di Comma22 | 30 Dicembre, 2022
Categoria: News
Ha suscitato clamore l’annuncio del sottosegretario all’innovazione tecnologica Butti di voler superare gradualmente lo SPID per avere solamente una identità digitale, nazionale e gestita dallo Stato, convergendo sulla CIE (carta d’identità elettronica).
Come limiti dello SPID il sottosegretario aveva indicato il fatto che l’identità digitale sia gestita da privati e che abbia una scarsa diffusione tra gli anziani.
Tra gli aspetti negativi della CIE, il sottosegretario ha indicato i tempi lunghi di attesa per ottenere la carta, il fatto che ci si debba recare di persona allo sportello del Comune per richiederla, ed il costo per il cittadino (erroneamente quantificato in € 16,79, anziché, com’è realmente, € 22,21).
Stando alle dichiarazioni del sottosegretario, l’obiettivo del Governo, per migliorare la CIE, è che questa venga rilasciata ”in remoto, a costo zero e in 24 ore”.
Nei resoconti di stampa e tv si sono alternate posizioni a favore dell’uno o dell’altro strumento, o della loro possibile coesistenza. Va ricordato che già in precedenza c’erano stati tentativi, in particolare dalla ministra Pisano, di convergere sulla CIE come unica identità digitale, che però erano stati prontamente stoppati dalla lobby degli identity provider.
In tali interventi sui mass media vengono messi a confronto i numeri (ballerini) di credenziali SPID e di CIE rilasciate, e il loro utilizzo, omettendo di ricordare che:
– l’utilizzo di SPID è stato forzato dai governi, prima prevedendone l’utilizzo esclusivo per accedere ad alcuni servizi online (bonus mobilità, bonus cultura, carta del docente, bonus per i seggiolini antiabbandono in auto, etc.), poi, visto che gli italiani si ostinavano a non scegliere volontariamente SPID, rendendolo obbligatorio per accedere ai servizi online delle pubbliche amministrazioni e cancellando tutte le credenziali preesistenti a SPID, delle quali nessuna pubblica amministrazione aveva denunciato limiti o lacune;
– l’utilizzo della CIE per l’accesso ai servizi online delle pubbliche amministrazioni è stato previsto solo per il livello di sicurezza massimo, con tutte le complicazioni che ciò comporta e che derivano dall’utilizzo del supporto fisico, vale a dire avere a disposizione uno smartphone con lettore nfc o un lettore di smartcard nfc; una scelta fatta apposta per disincentivare l’utilizzo della CIE per l’accesso ai servizi online, in barba al diritto dei cittadini a procedure semplici; ora si mettono a confronto i tempi per accedere con SPID e con CIE, ma nessuno spiega per quale motivo per l’accesso alla stessa procedura siano richiesti livelli di sicurezza diversi;
– nel confronto tra le credenziali SPID e le CIE rilasciate si indica solo il dato globale delle credenziali rilasciate da tutti gli identity provider, comprensivo così di duplicazioni delle credenziali in capo a uno stesso soggetto e delle credenziali cessate per inutilizzo o altro; sicuramente se si confrontasse il numero di persone fisiche in possesso di credenziali SPID valide e il numero di persone fisiche in possesso di CIE, quest’ultimo sarebbe già ora superiore al primo; va infine evidenziato che comunque nell’arco dei prossimi quattro anni si arriverà inevitabilmente al 100% di cittadini in possesso di CIE, visto che in questo arco di tempo dovranno essere sostituite tutte le carte d’identità cartacee in scadenza.
A rendere ancor più surreale il dibattito contribuisce il fatto, deliberatamente omesso dalla maggior parte dei commentatori, tranne rare eccezioni, che già il governo Draghi aveva avviato con un decreto emanato alla fine del mandato, il processo di semplificazione della CIE, prevedendo oltre al livello elevato di sicurezza, anche il livello significativo, comunemente usato con lo SPID per l’accesso ai servizi online, senza più utilizzo della carta fisica.
Sembra di capire che a motivare la scelta di superare lo SPID sia la consapevolezza finalmente ammessa dai provider che SPID è un “un progetto privo di reali ritorni sugli investimenti iniziali”, come hanno osservato autorevoli commentatori.
A confermare questa chiave di lettura contribuiscono le dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera dal presidente di AssoCertificatori Carmine Auletta “Abbiamo investito complessivamente una cifra prossima ai cento milioni di euro per costruire il modello Spid che si sarebbe dovuto ripagare con le transazioni dei privati, perché le Pa ne beneficiano senza pagare. Se si cambia ora, per noi risulterà un investimento senza ritorno”. Nel nostro Paese il rischio d’impresa deve sostenerlo sempre lo Stato: i profitti ai privati, le perdite al pubblico.
Eppure non ci voleva un genio dell’imprenditoria per capire che i privati molto difficilmente sarebbero stati disponibili a mettere in mano ad altri, spesso concorrenti come Poste It, le chiavi di accesso ai propri servizi on line, con tutti i rischi connessi ai danni in caso di malfunzionamento dell’intermediario dell’identificazione, come denunciavamo più di due anni fa.
Suscita perciò preoccupazione il fatto che il sottosegretario Butti parli di una migrazione da Spid a Cie, attraverso una “transizione negoziata” con i gestori privati di identità digitali, che per salvaguardare presunte esigenze dei privati proseguirebbe su una politica di confusione, di duplicazioni e sprechi quale quella portata avanti finora, sempre a vantaggio dei privati, prescindendo da esigenze di economicità e sicurezza dei dati che dovrebbero essere prioritarie per le amministrazioni pubbliche.