Di Comma22 | 18 Gennaio, 2020
Categoria: News
“Lavorare perché i cittadini abbiano un’unica, riassuntiva identità digitale di qui a un anno“: così dichiarava il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al momento dell’insediamento del governo, annunciando il superamento di SPID. In che modo non era affatto chiaro, dal momento che si parlava di una “identità digitale riassuntiva”: che cosa vuol dire, un’altra ancora? Non bastano CIE, SPID, CNS, oltre alle credenziali che quasi ciascuna pubblica amministrazione ha già rilasciato per l’accesso ai servizi online?
Tuttavia, la presa d’atto del fallimento di SPID, sia nelle dichiarazioni della ministra Pisano, sia sui mezzi di comunicazione “embedded” sembrava comunque un passo avanti.
Gli annunci di Giuseppe Conte e della ministra Pisano si sono concretizzati in due emendamenti (47.0.2 e 47.0.13) al disegno di legge di bilancio, presentati in Commissione da senatori del Movimento 5 stelle. Entrambi gli emendamenti prevedevano il passaggio della gestione delle credenziali SPID dagli identity provider privati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che si avvale della società PagoPA, attraverso la emanazione di appositi DPCM; il secondo emendamento perlomeno identificava con chiarezza la carta d’identità elettronica come strumento unico, a regime, per l’accesso ai servizi on line delle pubbliche amministrazioni; entrambi gli emendamenti prevedevano una spesa di 15 milioni di euro per il solo 2020, soprattutto come ristoro a favore degli identity provider per le spese sostenute per l’avvio di SPID in questi anni.
Nel momento in cui gli annunci si sono concretizzati nella presentazione degli emendamenti, gli stessi identity provider hanno diffuso un comunicato stampa attraverso l’organizzazione di categoria AssoCertificatori; il comunicato contestava le accuse di “inefficienze degli operatori di mercato” individuate dalla ministra Pisano come causa del fallimento di SPID, e lamentava, come conseguenza di una eventuale approvazione degli emendamenti, la “grave vanificazione degli investimenti fin qui stanziati dagli operatori di mercato, associata ad una importante perdita di chance, proprio nel momento in cui il servizio SPID ha cominciato a catalizzare l’interesse dei Cittadini”.
Ora, agli operatori di mercato andrebbe ricordato che la scelta di investire su SPID è stata fatta dagli operatori stessi; a suo tempo, infatti, impugnarono di fronte al TAR il primo DPCM che limitava sostanzialmente a Poste Italiane la possibilità di diventare identity provider; questa scelta era fondata sulla erronea valutazione della esistenza di un possibile mercato degli accessi ai servizi privati, rivelatosi, a quattro anni dal lancio di SPID, assolutamente inesistente. L’opposizione degli operatori di mercato, che evidentemente hanno ritenuto inadeguato lo stanziamento di 15 milioni di euro per il ristoro degli investimenti, ha contribuito probabilmente a far sì che gli emendamenti venissero respinti già in Commissione.
Nonostante l’evidente insuccesso, la ministra Pisano ha continuato ad annunciare l’imminente superamento di SPID con il Piano Nazionale Innovazione 2025, dove SPID non è neanche nominato. Il Piano è stato presentato con grande enfasi il 17 dicembre scorso, ma il ringraziamento per il contributo indirizzato a Davide Casaleggio ha fatto sì che venissero sollevate obiezioni di conflitto di interesse, che hanno alla fine rappresentato una messa in discussione dei programmi della ministra Pisano.
Ciononostante, in un tweet da Palazzo Chigi al termine della riunione del Consiglio dei Ministri la sera del 21 dicembre scorso, la ministra Pisano annunciava la caduta della “pregiudiziale sul pacchetto innovazione” e la imminente presentazione di emendamenti al decreto legge milleproroghe.
A rendere ancora più debole la posizione della ministra Pisano c’è stata infine la sollevazione di vari esponenti politici contro una intervista nella quale semplicemente si ribadiva l’intenzione di giungere a un sistema di credenziali gestito dallo Stato per l’accesso ai servizi pubblici, superando lo SPID.
In questa situazione, il disegno di legge di conversione del decreto legge milleproroghe (Atto Camera n. 2325), presentato il 31 dicembre, ha iniziato solo il 14 gennaio il suo iter in Commissione.
Nel frattempo sono i cittadini a dover fare i conti con le astruserie dello SPID e con le complicazioni che ancora vengono continuamente imposte dalle pubbliche amministrazioni.